Telegrafia

Telegrafo di Hughes

Il telegrafo di Hughes è un perfezionamento del telegrafo di Morse. D.E. Hughes apportò modifiche all'apparato Morse nel 1855, elevando la velocità di trasmissione a più di 1500 parole all'ora. 
Il telegrafo qui mostrato riunisce sia la parte trasmittente, a tastiera, sia la parte ricevente e costituisce il prototipo della telescrivente. 
Nella parte ricevente, il sistema a ingranaggi, azionato dal peso sottostante, di 50 kg di massa e dotato di un dispositivo di bloccaggio a pedale, consente al nastro di carta di scorrere a velocità costante.
Il sistema a orologeria mette in moto contemporaneamente una ruota, sulla cui periferia sono riportati gli stessi caratteri tipografici della tastiera. Un impulso elettrico in arrivo, mediante un opportuno sistema di bobine, leve e contatti, fa sì che la ruota si blocchi in corrispondenza del carattere richiesto, che viene impresso sulla carta. 
Nella parte trasmittente, la tastiera invia segnali elettrici associati ai caratteri di ciascun tasto. (M. Grazia Ianniello)

 

Cronografo a secco elettromagnetico, tipo Morse-Digney

La scoperta della pila di Volta, l'esperienza di Oersted e la realizzazione di uno strumento come il galvanometro moltiplicatore di Schweigger furono la premessa per la invenzione dei telegrafi elettromagnetici.
Tra i primi progetti di telegrafo, figurano quello di P. Schilling, del 1835: il trasmettitore era costituito da una tastiera collegata tramite fili elettrici al ricevitore, formato da un sistema di 6 galvanometri ad ago, ciascuno inserito in un suo circuito e in collegamento tra loro. A seconda del verso della corrente, ciascun ago poteva deviare a destra o a sinistra, insistendo su due settori laterali a codice che permettevano la decodifica della lettera trasmessa. Un altro modello di telegrafo elettromagnetico a un ago, entrato in funzione in via sperimentale a Gottinga nel 1833, si deve a C. F. Gauss e a W. Weber. 
Il telegrafo di S. F. B. Morse si affermò negli USA intorno al 1837. Il ricevitore era formato da una penna che scorreva su un rullo di carta che si srotolava a velocità costante grazie a un sistema meccanico simile a quello degli orologi. La penna veniva messa in moto da un elettromagnete e lasciava un segno più o meno lungo a seconda della durata dell'impulso inviato dal trasmettitore. Nel modello del 1846 vengono introdotti il relè, che permetteva di ritrasmettere i messaggi estendendo il campo di trasmissione, e il famoso codice di segnalazione a linee e punti. 
Il telegrafo elettromagnetico, con le sue numerose varianti, si diffuse in Italia verso la metà dell'Ottocento: l'inaugurazione della prima linea telegrafica tra Pisa e Livorno, avvenne nel 1847. 
Dopo l'entrata in funzione della linea telegrafica Londra-Dover, nel 1846, per estendere la rete di comunicazione dall'altra parte della costa si realizzò il primo collegamento mediante la posa di un cavo sottomarino nel Canale della Manica nel 1851. Il primo cavo sottomarino che collegava l'Europa all'America venne steso nel 1858, ed entrò in regolare esercizio solo nel 1866. Molti dei galvanometri progettati da Kelvin, e presenti nel Museo, furono realizzati per eseguire misure elettriche sui cavi. 
L'apparato qui mostrato, propriamente un cronografo a secco elettromagnetico a contrappeso, è simile per principio di funzionamento al  ricevitore di un  telegrafo Morse-Digney. Veniva impiegato negli osservatori come accessorio di uno "strumento dei passaggi" (o circolo meridiano) per determinare l'istante di transito al meridiano di un astro, in una versione in cui la trasmissione del segnale è di tipo telegrafico. Il cronografo poteva essere collegato elettricamente a un pendolo che segnava il tempo siderale e a un circuito che poteva essere chiuso mediante un tasto. Al passaggio dell'astro l'operatore azionava il tasto mettendo così  in funzione il ricevitore telegrafico che registrava su strisce di carta il tempo siderale dell'istante del passaggio dell'astro al meridiano. 
Il sistema a orologeria è alloggiato all'interno della scatola di ottone e i suoi  movimenti sono regolati da una serie di pesi sottostanti. Una  manovella consente, dall'esterno della scatola, di regolare la tensione del nastro di carta proveniente dal rullo inserito nella ruota ad asse orizzontale. Sulla base di legno sono disposti i morsetti che servono ad alimentare le bobine dell'elettrocalamita. 
L'apparato, di cui non è stato possibile ricostruire la provenienza, rappresenta per le sue funzioni un'anomalia nelle attività prevalenti del Regio Istituto Fisico: è forse legittimo ipotizzare che, acquistato dall'anziano Volpicelli per qualche osservazione mirata, venisse poi utilizzato per illustrare particolari applicazioni dei telegrafi elettromagnetici. L'apparato fu acquistato nel 1876 per 600 franchi, come si legge nella nota numero 193 del Registro delle fatture dell'Istituto di Fisica. (M. Grazia Ianniello) 

 

 

Back to top